La DHS

La “malattia” è generata da qualcosa di molto preciso, che Hamer definisce conflitto biologico. Niente che ci aggredisca dall’esterno, o a causa di un “sistema immunitario” debole, nessuna causa genetica. Non è causata nemmeno da uno stress o da un trauma generico, o da un conflitto psicologico, ma la “malattia” nasce con una modalità molto precisa, e cioè a causa di uno “shock acuto, inaspettato, drammatico e vissuto con un senso di isolamento” che Hamer ha denominato DHS (Dirk Hamer Syndrom, in ricordo del proprio figlio).

Perché biologico?

Si definisce uno shock biologico inaspettato perché la persona (come qualsiasi essere vivente) viene colta “in contropiede”. Ovvero: accade qualcosa che attiva nel nostro sistema una risposta automatica, senza che ci sia il tempo perché tale risposta possa essere mediata dalla mente. In questo senso è di tipo biologico, proprio perché è una risposta immediata quando “non c’è tempo”.

Esempio di conflitto psicologico: Se la ditta dove lavoro va male perdendo nel tempo sempre più clienti e alla fine chiude, questo sarà un fatto che mi rattrista, mi preoccupa, mi fa anche arrabbiare, ma non mi fa ammalare perché non è qualcosa che accade in maniera inaspettata.

Esempio di conflitto biologico: Se invece un giorno vado a lavorare e trovo sul mio tavolo una lettera di licenziamento, vivo uno shock biologico, inaspettato, che mi coglie impreparato.

Il conflitto biologico ha quindi connotazioni molto precise:

1)   è immediato e inaspettato, cioè non ha il tempo per essere mediato dalla mente.

2)   E’ acuto nel senso che accade in una frazione di secondo.

3)   La persona nel momento della DHS è come staccata, isolata dal mondo, e vive quell’istante con un senso di solitudine: in quella frazione di secondo è quella persona unica a vivere lo shock.

Lo shock biologico è qualcosa che viviamo quotidianamente:

Questo shock biologico, è qualcosa che possiamo vivere più volte in una stessa giornata. E’ importante quindi sfatare l’idea che debba essere assolutamente qualcosa di drammatico, perché basta un piccolo shock per reagire istantaneamente su tutti i nostri livelli (psichico, cerebrale e organico.)

Ma non tutti questi shock producono uno stato che definiamo “malattia”: perché non è sufficiente vivere uno shock per produrre una “malattia” ma dipende da quanto tempo rimaniamo congelati nello stato di conflitto attivo (massa conflittuale). Questo concetto vi sarà più chiaro leggendo la Seconda legge biologica.

Esempio: immaginate di entrare in un bagno pubblico, di aprire la porta e di trovarvi inaspettatamente di fronte una persona che occupa già il bagno. In quell’istante abbiamo una reazione immediata di “spavento/sorpresa”. Stiamo vivendo una situazione ben lungi dall’essere drammatica, ma in quella frazione di secondo abbiamo avuto, istantaneamente, una serie di reazioni immediate, cioè non mediate dalla mente, dove siamo entrati in simpaticotonia, abbiamo trattenuto il respiro, contratto i muscoli, liberato noradrenalina. Abbiamo avuto cioè tutta una serie di reazioni fisiologiche di “allarme” automatiche, immediate, anche se in questo caso, dove cioè lo shock dura solo qualche istante, non abbiamo poi una reazione nel corpo che chiamiamo “malattia”.

La DHS, ovvero lo shock biologico, non è un errore della natura, al contrario è sensato e utile alla sopravvivenza.

La DHS è quindi qualcosa di comune, che fa parte della vita, assolutamente non malvagia. È una possibilità che la natura ha predisposto per noi in milioni e milioni di anni, per far fronte, adattandoci, alle situazioni inaspettate piccole o grandi che siano. Pensate a quando vivevamo nella foresta, dove gli adattamenti per conservare la vita e proseguire la specie erano molto più impellenti.

In effetti lo shock biologico attiva all’istante il sistema neurovegetativo: entro in simpaticotonia, vasocostrizione, ho un aumento del ritmo cardiaco, mani e piedi freddi, e finché non mi tranquillizzo farò fatica a dormire e a mangiare e avrò continuamente il pensiero ossessivo, fisso sul problema. Questo è molto sensato in natura, perché nel momento del disastro la bestia deve essere istantaneamente in allerta e pronta per contrattaccare o scappare. Non ha tempo né di mangiare né di dormire e si occupa continuamente del problema finché non trova la soluzione.

Pensate cosa accadrebbe al coniglietto se, vedendo arrivare la volpe, si fermasse a pensare: “Oh, la volpe… chissà quale sarà la via di fuga migliore?”. Invece, istantaneamente inizia a correre e non si ferma finché non è al sicuro nella sua tana, senza nemmeno occuparsi se la volpe ha continuato a inseguirlo o si è fermata prima.

È quindi una reazione sensata di sopravvivenza, adattamento e mantenimento della specie.

Il “contenuto del conflitto”

Nella nostra società moderna abbiamo perso l’attenzione all’esperienza sensoriale diretta, mentre ciò di cui stiamo parlando è proprio di un sentito diretto, biologico, non mediato, che un essere umano, un gatto, un cane, un cavallo, un neonato o anche un feto vivranno con la stessa modalità. Perciò Hamer descrive il contenuto del conflitto con il semplice “linguaggio animale”, biologico, delle funzioni dell’organismo: “mancare del boccone”, “non poter mandare giù”, “non poter marcare il proprio territorio”, “sentirsi attaccato”, “qualcosa puzza nell’aria”, ecc.

È chiaro che poi quando parliamo di “essere umano”, il sentito animale va tradotto con quella che è l’esperienza dell’essere umano di oggi e, se per l’animale “mancare del boccone essenziale” vuol dire effettivamente morire di fame, cioè non trovare il cibo, l’essere umano può sentire la stessa cosa se fa bancarotta, perde il lavoro, si trova in mezzo a una strada. Ma sia l’animale che non ha più il cibo sia l’uomo che ha perso il lavoro, reagiranno entrambi producendo, in conflitto attivo, un adenocarcinoma al fegato, per metabolizzare al meglio quel poco cibo che trova.